I professionisti della privacy sono sempre più stressati
I professionisti della privacy sono sempre più stressati
Una nuova ricerca condotta dall’ISACA rivela che, nonostante i progressi nell’assegnazione delle risorse e nell’allineamento strategico sulla privacy, i professionisti del settore si sentono sotto pressione come mai prima d’ora, complice un panorama complesso di conformità e rischi, Secondo il rapporto State of Privacy 2025 di ISACA, che ha coinvolto oltre 1.600 professionisti a livello globale, il 63% degli intervistati ritiene che il proprio lavoro sia più stressante rispetto a cinque anni fa, con il 34% che lo definisce significativamente più stressante.
Le principali fonti di stress includono:
- L’evoluzione rapida della tecnologia (63%)
- Le difficoltà di conformità normativa (61%)
- La mancanza di risorse (59%)
Questi fattori riflettono anche i tre ostacoli principali per i programmi di privacy:
- Un complesso panorama giuridico e normativo internazionale (38%)
- La carenza di risorse qualificate (37%)
- La gestione dei rischi legati alle nuove tecnologie (36%)
Sul fronte delle risorse, il 43% degli intervistati segnala un budget insufficiente per la privacy, e il 48% prevede ulteriori tagli nei prossimi 12 mesi. Inoltre, il 73% afferma che i professionisti esperti in privacy sono tra i più difficili da reclutare.
Le principali lacune nei programmi di privacy
Tra gli errori più comuni in materia di privacy, i professionisti segnalano:
- Scarsa o insufficiente formazione (47%)
- Violazioni dei dati (42%)
- Mancata implementazione della privacy by design (41%)
“In un contesto normativo sempre più complesso e con risorse spesso limitate, è comprensibile che i professionisti della privacy si sentano sotto pressione”, ha dichiarato Niel Harper, vicepresidente del consiglio di amministrazione di ISACA. “Supportare adeguatamente questi professionisti sarà essenziale per garantire la sicurezza dei dati e minimizzare i rischi per le organizzazioni e i loro utenti”.
Risultati incoraggianti e best practice
Nonostante le difficoltà, ci sono segnali positivi. Il 74% degli intervistati ritiene che la strategia sulla privacy sia allineata con gli obiettivi aziendali, e il 57% afferma che i consigli di amministrazione hanno dato priorità alla privacy.
Inoltre, la pratica della privacy by design si distingue come un fattore chiave per il successo. Le aziende che la implementano regolarmente:
- Dimostrano maggiore fiducia nei propri team di privacy (68% contro il 41% del totale)
- Segnalano un’adeguata dotazione di personale nei ruoli tecnici (50% contro il 40% totale)
- Formano il personale non specializzato per colmare le lacune di competenze (57% contro il 48% totale)
L’impatto dell’IA sulla privacy
L’uso dell’intelligenza artificiale per attività legate alla privacy è in aumento, passando dall’8% del 2024 all’11% del 2025. Inoltre, il 36% degli intervistati prevede di adottarla nei prossimi 12 mesi. Questo incremento è più marcato nelle aziende che considerano la privacy non solo come conformità, ma anche come un vantaggio competitivo.
Le organizzazioni che integrano regolarmente la privacy by design sono tra le più propense a utilizzare l’IA (18%), dimostrando come tecnologia e strategia possano contribuire a migliorare la gestione della privacy e la protezione dei dati.